La pandemia da Covid-19 sta causando una vera e propria emergenza sociale nel nostro Paese. Dal primo Rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani nel post Covid, presentato in occasione dell’inaugurazione del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione e organizzato dalla Coldiretti con la collaborazione dello studio The European House Ambrosetti, emerge come, in una situazione resa difficile dalla pandemia, basta un rialzo dei prezzi dei beni alimentari a rendere a una larga fascia della popolazione molto difficile garantire i pasti sempre e comunque. Sono infatti almeno 4,8 milioni gli italiani a rischio di povertà alimentare nei prossimi mesi, persone che hanno tenuto in pandemia bilanciando i tagli tra entrate e spese e che oggi hanno un budget dagli equilibri precari e risicati.
A questi si aggiunge peraltro un 17,4% di italiani già consapevole che dovrà restare ancorato alle sole spese di base, tra casa e alimentazione, per la paura di non farcela. Un esito nuovo imprevisto della pandemia, con la società italiana che, dopo aver tenuto grazie agli effetti dell’intreccio tra sussidi statali e solidarietà da parte delle reti famiglia e di comunità, a partire dal mondo rurale, si ritrova improvvisamente a dover fare i conti con l’effetto valanga determinato sul carrello dall’impennata dei costi energetici.
Quasi un italiano su quattro (24%) ha paura che con un riaggravarsi dell’emergenza pandemica possa finire il cibo nei punti vendita. Se grazie agli agricoltori italiani che hanno continuato a lavorare anche in piena emergenza non si è assistito alle scene di accaparramento di massa viste negli Stati Uniti o nel Regno Unito, la paura della carenza di generi alimentari di un quarto degli italiani indica che la filiera del cibo è strategica e come tale va trattata.
I cittadini vogliono esser certi di non restare mai senza i prodotti principali. Per questo chiedono sia potenziata e tutelata l’agricoltura nostrana nella quale vedono una garanzia per la fornitura regolare degli scaffali ma anche per la propria sicurezza.
Nonostante la voglia di tornare nei luoghi in cui ci si diverte e si sta insieme a tavola, quasi un italiano su 3 (32%) ha ancora paura di mangiare al ristorante con la risalita dei contagi e il rischio che molte regioni finiscano in zona gialla.
Il riaggravarsi della pandemia, insomma, tiene ancora lontana una discreta fetta di cittadini da pranzi e cene fuori, pur con una netta diversificazione tra le varie fasce di età. Se tra i giovani tra i 18 e i 34 anni la percentuale di “timorosi” scende al 18%, tra gli over 65 sale addirittura al 50%, stando all’analisi Coldiretti/Censis.
Resta la diffidenza anche a prendere parte ad altre iniziative con al centro il cibo, a partire dalle sagre dove stenta a tornare il 38% degli italiani, mentre le gite enogastronomiche sui territori non convincono ancora il 45% dei cittadini e ancor meno se la sentono di partecipare a degustazioni (51%).
Nonostante la crescita degli ultimi anni, rilevano poi Coldiretti e Censis, le piattaforme food delivery non sono l’epicentro di un modello alimentare alternativo a quello classico, ma semplicemente un canale in più, utilizzabile a casa (diventata per molti luogo di lavoro e di studio), sul posto di lavoro o anche nei luoghi pubblici.
La pandemia ha reso gli italiani più sensibili agli sprechi, con ben il 94% che è diventato attento a evitare di buttare nella spazzatura gli alimenti che acquista. L’attenzione a non gettare il cibo sembra rientrare tra le abitudini emergenziali destinate a rimanere, a partire dall’usanza di portare il cibo in ufficio, magari utilizzando gli avanzi della sera prima. Il 57% degli italiani continua a portarsi il pranzo da casa per consumarlo sul posto di lavoro a distanza di sicurezza dai colleghi.
Al contrario, paiono rientrare alcune consuetudini alimentari che le misure di restrizione avevano spinto, come la preparazione fai da te dei piatti e la “panificazione da lockdown”. Lo testimonia il crollo degli acquisti di due prodotti simbolo delle chiusure in casa come la farina e le uova, gli ingredienti base utilizzati per le preparazioni in casa, che nei primi sei mesi del 2021 calano rispettivamente del 26% e del 13%, secondo l’analisi Coldiretti su dati Ismea.
Arretrano anche i prodotti confezionati che in piena pandemia avevano fatto segnare un incremento dell’8%. Al contrario, decolla il fresco, ad esempio l’ittico (+27% nel primo semestre 2021), a testimonianza quindi di un primo ritorno alle vecchie abitudini. Ma crescono anche i “prodotti ricompensa”, soprattutto nel comparto delle bevande, dove la spesa è ulteriormente cresciuta (rispetto al 2020) del 7,7%.
Va evidenziato che nel 2021 il cibo diventa la prima ricchezza dell’Italia per un valore di 575 miliardi di euro con un aumento del 7% rispetto all’anno precedente nonostante le difficoltà legate alla pandemia. Il made in Italy a tavola vale oggi quasi un quarto del Pil nazionale e dal campo alla tavola vede impegnati 4 milioni di lavoratori in 740 mila aziende agricole, 70 mila industrie alimentari, oltre 330 mila realtà della ristorazione e 230 mila punti vendita al dettaglio. Ed è record anche nelle esportazioni con 52 miliardi a fine anno, se sarà mantenuto il trend di aumento del 12%, secondo proiezioni di Coldiretti sulla base dei dati Istat nei primi nove mesi del 2021. Tra i principali clienti del tricolore a tavola a oggi ci sono gli Stati Uniti che si collocano al secondo posto con il 17% in più, dopo la Germania (+7%) e la Francia stabile al terzo posto (+7%).
La pandemia ha spinto oltre otto italiani su dieci (82%) a mangiare solo quel che conosce, cercando informazioni sulle caratteristiche degli alimenti da portare in tavola e verificando attentamente gli ingredienti in etichetta. Il Covid ha segnato profondamente anche le scelte a tavola, per cui i cittadini sono sempre a caccia delle informazioni che rendono possibile per un determinato prodotto alimentare avere trasparenza su provenienze e connotati dei processi produttivi e distributivi. Abitudini ormai entrate nel quotidiano della grande maggioranza degli italiani, con valori che restano trasversali ad età, condizioni di reddito, titolo di studio.
L’emergenza alimentare in Italia non è iniziata con il lockdown e non è terminata quando le misure più restrittive della mobilità sono state allentate. Gli effetti socioeconomici della pandemia dureranno, incidendo negativamente sull’accesso al cibo per le persone in condizione di povertà e determinando un aumento strutturale della domanda di assistenza alimentare.
È ormai evidente la necessità di interventi di contrasto alla povertà alimentare più efficaci che non si attivino solo in situazioni di emergenza, ma che siano in grado di promuovere costantemente il diritto ad una alimentazione adeguata.
Sarà importante adottare strategie di contrasto alla povertà alimentare con chiari obiettivi, dinamiche e indicatori che orientino le politiche a livello nazionale e territoriale, introdurre nel Piano nazionale per il contrasto alla povertà specifiche azioni di sensibilizzazione e accompagnamento personalizzato, orientate al contrasto della povertà alimentare.
Per ulteriori approfondimenti il link del sito ufficiale Coldiretti.
Fonte: pensionati.cisl.it