Pensioni: quali sono le differenze in Europa?

Requisiti minimi, aspettativa di vita, effettiva uscita dal mercato del lavoro: quali sono le differenze in Europa? A questi interrogativi dà una risposta il rapporto “Pensions at a Glance”, che analizza i dati del 2022 e mette a confronto le diverse soluzioni adottate.

Si parte da una premessa: ci sono due età per la pensione, la minima e quella in base ai contributi per legge, ovviamente variabili, fino a quando l’uscita dal lavoro diventa obbligatoria. Per gli uomini va dai 59 anni in Lituania ai 63,7 fissati in Germania; per le donne dai 58 anni, sempre in Lituania, ai 63,7 in Germania; per entrambi è di 62 anni in Italia come in Francia, Svezia, Portogallo, Norvegia, Grecia e Austria. In base ai contributi versati la soglia è più variabile: per gli uomini raggiunge i 52 anni in Turchia e i 67 in Norvegia e Islanda; per le donne i 49 anni in Turchia e i 67, la più alta, in Norvegia e Islanda.

L’età media, ovvero l’età effettiva in Europa, è invece di 64,3 anni per gli uomini e di 63,5 anni per le donne. Secondo i dati Ocse, la pensione arriva, però, a 64,5 anni sia per gli uomini che per le donne in Francia, leggermente dopo gli altri paesi dell’Unione, ma prima che in altri Stati, come la Germania, dove è di 65,7 anni sia per gli uomini che per le donne. Al contrario, l’uscita del lavoro è anticipata in Italia (per le donne con almeno 41anni e 10 mesi di contribuzione e 42 anni e 10 mesi per gli uomini), Lussemburgo e Slovenia, il dato in assoluto più vantaggioso, pur se in tutti i paesi – Italia compresa – le regole sono in evoluzione con “quota 102”, uscite con 64 anni e 38 di contribuzione, o “quota” 103 di fatto formata da 62 anni d’età e 41 anni di contributi, e altre alternative al vaglio in relazione anche all’aspettativa di vita che si è allungata: tra il 1970 e il 2020 è passata da 12 a 19,5 anni dall’uscita dal mercato del lavoro.

Le donne vivono di più, fino a 26 anni e anche oltre dopo la pensione proprio in Italia e in Francia, Belgio, Grecia, Lussemburgo e Spagna. Facile prevedere, dunque, che la possibilità di lasciare il lavoro sarà ancora spostata: a giudicare dalle indicazioni dell’Ocse, a 65 o 66 anni in media nel 2060, e addirittura fino a 74 anni (sempre nel 2060, in Danimarca). Con poche oscillazioni tra uomini e donne. E, per l’Italia, si ipotizza un enorme balzo in avanti: con l’uscita dal mondo del lavoro a 71 anni. Già oggi a gravare sui conti dello Stato pesa tanto questa voce di spesa. Senza contare che ci sono 354mila italiani che incassano l’assegno previdenziale da più di 40 anni nella penisola.

 

Fonte: pensionai.cisl.it