Memoria CISL e FNP Audizione presso 10’ Commissione - Senato della Repubblica 8 febbraio 2023 A.S. 506

“Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane” Fare bene, ma fare presto L’azione degli ultimi due anni messa in campo dai sindacati confederali e dei pensionati ha ottenuto che tra le riforme del PNRR vi fosse anche quella del sistema di assistenza per gli anziani non autosufficienti, da approvare entro marzo 2023 e che si rivolge ad un’ampia platea di circa 3,8 milioni di persone over 65 (dati ISTAT). Il processo al momento attuale è stato soltanto avviato con l’approvazione il 19 gennaio scorso da parte del Governo del testo ora in discussione, che riprende quello già varato dal precedente Esecutivo nell’ultima seduta utile del Consiglio dei Ministri. La buona notizia è che i due testi sono sostanzialmente analoghi e questo ci auguriamo possa aiutare il percorso parlamentare. Pertanto sfruttando questa sorta di continuità è importante fare bene, ma bisogna anche fare presto perché si tratta di un ddl delega, che dovrà essere approvato dal Parlamento cui, entro gennaio 2024, seguiranno i decreti legislativi, passibili di successive modifiche se necessario. Solo da allora partirà la fase attuativa, che richiederà altri atti amministrativi. Il giudizio della Cisl è complessivamente positivo, anche se vi sono aspetti che vanno chiariti. Una riforma senza risorse aggiuntive è un semplice riordino La riforma non ha dotazioni finanziarie, se non quelle attualmente già destinate al settore, ma che riteniamo non poter essere sufficienti. La spesa valutata dalla 2 Ragioneria generale dello Stato ammonta all’1,9% del PIL nel 2021 (73,6% per gli anziani), per il 42,6% assorbita dall’indennità di accompagnamento (altrettanta è la spesa in servizi sanitari e soltanto il 15,8% circa in servizi socio assistenziali). Non è possibile fare una riforma di questa natura senza risorse aggiuntive per potenziare l’intera filiera dei servizi, con particolare riguardo a quelli domiciliari. Pertanto un passaggio cruciale dovrà essere l’indicazione di un impegno in questo senso nel prossimo DEF e poi in Legge di Bilancio. Il testo in discussione è condizionato in molti passaggi da questo vincolo (introdotto dalla Ragioneria Generale dello Stato) che ad esempio ha impedito di inserire già in Legge la platea di riferimento (ovvero è un provvedimento in cui manca la definizione dei destinatari), rinviata ai decreti (gli anziani nel testo precedente erano gli ultra 65enni), ed è costellata di “invarianza della spesa” e vincoli assunzionali. La prestazione universale per qualificare ed innovare e non solo “razionalizzare” l’assistenza L’assenza di risorse aggiuntive crea interrogativi anche su uno dei passaggi più delicati: la trasformazione dell’Indennità di accompagnamento in una prestazione universale. Il testo prevede, correttamente, che essa sia più orientata all’acquisto di servizi in forma singola (“badanti”) od organizzata e graduata nell’importo rispetto all’effettivo bisogno assistenziale (ora invece sostanzialmente in cifra fissa 522,00 euro). Una scelta che potrebbe essere condivisibile, da adottare, ma vista l’importanza di questo trasferimento monetario (vedi sopra), riteniamo non possa essere lo strumento attraverso il quale, dalla sola conversione in servizi, si intenda realizzare la riforma semplicemente razionalizzando o peggio razionando l’assistenza. Come già evidenziato, sarebbe opportuno già prevedere un incremento di spesa graduale, ancorato al progressivo raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali e conseguentemente di servizi di alto profilo da erogare agli aventi diritto. Inoltre è condivisibile il mantenimento nella fase sperimentale dell’opzione nella scelta tra indennità di accompagnamento e prestazione universale, ma deve essere accompagnata dalla rivedibilità della scelta da parte dell’interessato; dalla rivalutazione degli importi e da criteri per la conversione della prestazione economica in servizi. Assai complessa e foriera di incertezza appare la scelta di assorbire nella misura universale anche tutte le prestazioni analoghe fornite a livello locale – difficilissime da censire – estremamente diversificate nei criteri di accesso, negli importi, nelle modalità di finanziamento (anche a carico in parte o in toto delle stesse amministrazioni locali). Inoltre la prestazione potrebbe svolgere la nuova funzione, laddove il nuovo sistema fosse, almeno in parte stabilizzato, definendo ad esempio: la nuova 3 governance, il rafforzamento degli ATS anche nelle funzioni aggregate di natura organizzativa e gestionale e l’integrazione con i distretti sanitari, la definizione dei criteri di autorizzazione ed accreditamento degli erogatori, la garanzia dei processi di accesso e presa in carico previsti dai livelli essenziali. Ciò vale in particolare per quelle aree interne che a causa della denatalità e dello spopolamento vedono una presenza di ampie fasce della popolazione anziana, spesso in condizioni di solitudine ed al contempo una rete insufficiente e di scarsa qualità dei servizi. In queste situazioni emergerebbero le maggiori criticità a mettere in campo una soddisfacente sperimentazione. Dare contenuto ai livelli essenziali delle prestazioni sociali Infatti uno degli obiettivi della riforma è proprio quello di semplificare le sedi di valutazione, definendo un unico punto di accesso integrato (PUA) nelle Case di Comunità per una presa in carico sociosanitaria globale della persona ed un mix di prestazioni e servizi definiti nei livelli essenziali. Questi sono stati determinati soltanto parzialmente dalla Legge di Bilancio per il 2022, ma il Ddl non indica i contenuti dei livelli essenziali, da erogare, sempre per i problemi di spesa suddetti. Organizzare l’integrazione per cambiare il modello di intervento Per la Cisl resta centrale favorire l’assistenza domiciliare, rispetto al ricovero presso le strutture residenziali. La sanità del resto attraverso il PNRR sarà dotata di risorse utili per poter raddoppiare la platea degli anziani non autosufficienti (passando dal 6 al 10%), chiaramente sarebbe opportuno che un analogo intervento, fosse destinato al potenziamento dei servizi sociali, attraverso un’osmosi da costruire attraverso i decreti delegati del DDL anziani. Questo eviterebbe il rischio di perpetuare il modello tradizionale fondato sulla singola prestazione, tra l’altro erogata in modo insufficiente, quindi la persona non verrebbe presa in carico globalmente – non ottemperando ai bisogni di natura medico sanitaria, di assistenza tutelare, di cura presso l’ambiente di vita e domestico, di supporto alla mobilità ed alla vita di relazione – relegandola ad una sorta di confinamento a casa, con tutte le ricadute psicofisiche conseguenti. In questo senso apprezziamo l’inserimento nel testo l’indicazione a promuovere forme di cohousing innovativo anche intergenerazionale che saldino i bisogni degli anziani con le esigenze dei giovani. Rafforzare la governance dello SNAA per superare le separatezze Per la Cisl resta prioritaria la costruzione di un sistema unitario di assistenza agli anziani non autosufficienti (SNAA) che al contrario di quanto accade oggi, in modo riconoscibile ed ordinato, coordini i Servizi sociali, sanitari, sociosanitari ed i trasferimenti economici. Sappiamo che questo obiettivo sarà difficile da raggiungere per la parcellizzazione delle funzioni in capo ai principali Ministeri interessati (Salute, Politiche Sociali, Disabilità, Famiglia), che a valle, addirittura, si polverizzano in mille rivoli tra i livelli regionali e territoriali tra Asl/distretti e Comuni. 4 La scelta, ci pare di capire invece, è quella di avere come cabina di regia un comitato interministeriale (CIPA) e un sistema cui partecipano ai vari livelli tutte le istituzioni interessate. Questa visione andrebbe rafforzata rispetto a quanto previsto dal Ddl; attribuendo ad esempio allo stesso CIPA la corresponsabilità di una programmazione integrata che definisca i criteri generali della pianificazione settoriale cui debbono conseguire le pianificazioni settoriali dei singoli ministeri. Inoltre chiediamo che possa essere assunto quale modello di partecipazione sociale quello già adottato per la Rete della protezione e dell’inclusione sociale. Rispetto allo SNAA rileviamo che mancano in capo ad esso anche le funzioni organizzative che rappresenterebbero invece, un elemento essenziale nella architettura dell’integrazione. Garantire la qualità degli erogatori in tutti i contesti assistenziali Per quanto riguarda le strutture residenziali il testo del Ddl si limita a indicare la pur utile garanzia di adeguata intensità assistenziale – ma sempre con una rimodulazione del personale dentro i vincoli assunzionali – e qualità degli ambienti di vita e la riservatezza. Si deve organizzare una rete di servizi capillare ed efficace su tutto il territorio nazionale per le persone anziane, dove anche la residenzialità possa trovare un suo adeguato spazio come risposta al bisogno che può materializzarsi ad un certo punto del proprio itinerario di vita quando l’assistenza domiciliare non è più confacente ed adeguata ai nuovi bisogni della persona. Si prevede anche la revisione dei criteri minimi di autorizzazione ed accreditamento di tutti gli erogatori, che deve tenere in debito conto il prevalente apporto del lavoro tra gli assett dei servizi e quindi standard di personale adeguato sia nei profili professionali che nella dotazione organica, le garanzie del rispetto dei CCNL sottoscritti dalle Oo.Ss. maggiormente comparativamente rappresentative a livello nazionale, nonché al DURC di congruità in riferimento al costo contrattuale del personale. Rendere centrale nella riforma il lavoro di cura Il lavoro di cura è infatti un elemento fondamentale per la riforma. In Italia sono 3,8 milioni gli addetti nei vari settori nella filiera della cura e del benessere (il 16,5% degli occupati) ed è un bacino occupazionale su cui investire perché ad alta intensità di lavoro. Nel ddl questo aspetto fondamentale è affrontato soltanto rispetto ai percorsi formativi ed alla rilevazione dei fabbisogni e dal lato del sostegno alla domanda rivedendo le attuali agevolazioni alle famiglie. Mentre sappiamo che il tema dell’emersione e della qualificazione ha bisogno di regolare l’intero mercato del lavoro, anche coinvolgendo le parti sociali e gli enti bilaterali. E tenendo conto delle specificità delle assistenti familiari. Inoltre è stato di fatto sfumato il tema cruciale del riconoscimento e sostegno ai caregiver familiari, forse oggetto di altra iniziativa legislativa? Sono rimasti nel testo riferimenti molto generici e criteri amplissimi, ma questo tema è determinante sia 5 comunque inserito nella logica della riforma. Peraltro uno specifico Ddl è in discussione da tempo in Parlamento ma non è mai stato approvato, mentre stanno normando la materia le singole Regioni. Particolare attenzione va posta al ruolo degli anziani fragili o non autosufficienti che hanno a carico familiari a loro volta disabili. Un tema non affrontato nel testo del Ddl è quello relativo al sostegno al welfare integrativo, specie di natura contrattuale rivolto a sostenere la non autosufficienza. Conclusioni Come Cisl e Fnp vogliamo avere un ruolo determinante in questa riforma, la riteniamo centrale per il futuro del Paese anche alla luce del trend demografico. Riteniamo importante fondarla sulla presa in carico globale della persona che affronti aspetti sociali sanitari e socio sanitari, garantendo i livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni, con una preferenza per il mantenimento della persona nel proprio contesto di vita. Ciò si rende necessario a fronte dei nuovi profili familiari (ad esempio con l’assottigliamento dei nuclei o la compresenza di carichi di educazione dei figli e assistenza agli anziani) perché ancor sarà più complesso garantire la cura delle persone più fragili senza un modello più evoluto di intervento. Per cui è indispensabile potenziare ed innovare il sistema. Ci auguriamo che sul Ddl in discussione si possa trovare la massima convergenza in ambito parlamentare perché è un tema cruciale per la qualità della vita di ognuno di noi e la stessa crescita del Paese. In questo senso è opportuno che cresca una attenzione specifica rispetto al lavoro di cura, che deve essere di qualità, ben contrattualizzato e ben retribuito e con il giusto riconoscimento perché rappresenta un asset importante nei servizi alla persona. Chiediamo di essere coinvolti in tutto l’iter del processo normativo, compresa la stesura dei decreti legislativi in modo che la complessa riforma in oggetto possa trovare un convinto sostegno nella sua definizione ed applicazione da parte delle istituzioni e di tutte le forze sociali.

 

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