L'Italia spende per il sociale un terzo della media Ue

Sul sociale, così come sull’istruzione, l’Italia spende molto meno degli altri paesi europei. Nel 2019 la nostro spesa per i servizi sociali è stata pari allo 0,42% del Pil, arrivando a 0,7% con le compartecipazioni degli utenti e del servizio sanitario nazionale (SSN). La media Ue – 2,1-2,2% – è esattamente il tripo della nostra.
I dati arrivano dal Rapporto dal titolo “I servizi sociali territoriali: una analisi per territorio provinciale”, redatto dall’Osservatorio Cnel, realizzato in collaborazione con Istat. Il rapporto sottolinea le consuete enormi differenze territoriali. Ma, in questo caso, non tutto il Sud resta indietro. A livello comunale, ci sono distanze enormi. Basti pensare che la spesa sociale provinciale per abitante del sistema sanitario nazionale (SSN) è stata di 583 euro per Bolzano e solo 6 per Vibo Valentia. Eppure, la regione più performante è la Sardegna, con ben 4 province nelle prime 10 posizioni: Oristano (290), Cagliari (258), Sassari (254) e il Sud Sardegna (239). La peggiore è la Calabria con tutte le province nelle ultime 5 posizioni e una spesa pro-capite che non supera i 25 euro.
L’Italia non recupera terreno. Le prime analisi relative al 2019 confermano un trend di spesa sociale positivo al netto delle compartecipazioni, pari a +0,48%: si è passati così da 7,472 miliardi di euro a 7,508 miliardi di euro (+35,9 milioni). Si tratta, tuttavia, di un valore inferiore al tasso di inflazione. In sostanza, la spesa, pur crescente, resta analoga a quella reale di 10 anni prima, nonostante i fenomeni di incremento della domanda sociale. E permangono anche le marcate divergenze regionali e infra-regionali.
Non solo. Il trend di crescita, almeno nominale, della spesa non è omogeneo sul territorio italiano. Anzi, ci sono territori che retrocedono. In termini di valori assoluti per abitante, nell’anno considerato l’aumento più elevato si osserva a Gorizia, con oltre 25 euro pro-capite, seguita da Bolzano, Torino, Pistoia, Sassari, Oristano, con incrementi fra i 15 e i 25 euro pro-capite. I decrementi più consistenti si sono registrati a Verona, Grosseto e Trapani, con riduzioni di oltre 25 euro pro-capite.
Le aree di intervento che assorbono la maggior parte della spesa sociale sono tre: Famiglia e minori, Disabili e Anziani. Nel 2018 per la prima si spendono circa 2,8 miliardi di euro, pari al 37,9% della spesa dei Comuni; per la seconda circa 2 miliardi di euro, pari al 26,8%; per la terza circa 1,3 miliardi, pari al 17,2%.
Le spese per l’assistenza domiciliare risultano modeste: meno della metà di quella complessiva investita per l’area anziani e meno di 1/6 per l’area disabili. In 42 aree provinciali si è registrato un decremento della spesa sociale (il più alto a Trieste -21,3%), mentre gli incrementi più sostenuti si sono avuti nelle province di Gorizia e Lecco, con oltre il +20%, seguite da Avellino, Foggia, Reggio Calabria, Pistoia e Isernia, tutte con aumenti superiori al +15%.
Il sociale, dunque, avrebbe urgente necessità di investimenti e riforme. I consiglieri del Cnel, coordinatori del rapporto, sottolineano la necessità di portare “a compimento con urgenza il processo di definizione normativa di tutti i livelli essenziali (LEPS), previsto nelle due ultime Leggi di Bilancio” e di “definirne di ulteriori per minorenni e ragazzi”. Non solo. Le evidenze relative alla rete dei servizi socio-sanitari per gli anziani e tutti gli altri soggetti fragili e non autosufficienti che emergono dal Rapporto, attestano “la necessità di approvare la riforma organica di sistema dell’assistenza di lungo periodo, attesa da un ventennio e ora prevista dal Pnrr per la primavera 2023”.

 

Fonte: conquistedellavoro.it