Dipende tutto da come si vede il bicchiere (se mezzo pieno o mezzo vuoto), ma in realtà non è una questione di punti di vista. Purtroppo. I dati sul Lazio pubblicati dall’INAIL sull’andamento delle denunce di malattia professionale non possono essere analizzati senza delle premesse fondamentali, che fanno la differenza.
Perché un conto è la situazione fino al 2019, ben altro discorso si deve fare con riferimento al 2020, 2021 e 2022, anni caratterizzati da una condizione straordinaria determinata dalla pandemia da Covid 19.
E allora cominciamo dalle cifre nel Lazio.
Le denunce per malattie professionali nel periodo gennaio-maggio 2022 sono state 1.814. Nello stesso periodo dell’anno precedente 1.609. Un aumento quindi, ma non può non considerarsi l’effetto Coronavirus. Andando nel dettaglio vediamo che 1.518 denunce di malattie professionali si sono registrate nel settore dell’Industria e dei Servizi (1.276 l’anno prima), 284 nell’agricoltura (310 dodici mesi prima) e 12 Per conto dello Stato (nel 2021 erano state 23).
Ma, poi, confrontando i dati del 2019 e del 2020, la situazione cambia. Nel 2020 le denunce nel Lazio sono state 3.110, nel 2019 3.959. Così ripartite: 795 in provincia di Frosinone (796 nel 2019), 632 in quella di Latina (867 l’anno prima), 244 a Rieti (411 dodici mesi prima), 1.202 a Roma (1.548 l’anno prima), 237 a Viterbo (337 nel 2019).
Nel settore dell’Industria e dei Servizi si è registrato un -18,12%. In quello dell’agricoltura un -32,36%. Nell’ambito denominato per conto dello Stato un -42,50%. Per un dato totale di -21,44%. E visto che parliamo di persone, allora è il caso di specificare che nell’anno 2020 i lavoratori alle prese con malattie professionali sono stati nel Lazio 2.532.
Per tutte queste considerazioni il Sindacato resta indispensabile e insostituibile con il proprio ruolo di garanzia e di sostegno ai lavoratori. Tanto più nei luoghi di lavoro. Un’analisi seria dei dati diffusi dall’INAIL non può prescindere dal fatto che ci sono troppe mancate denunce di malattie professionali e di infortuni sul lavoro. E ci sono perché nel frattempo è aumentato a dismisura il numero di lavoratori precari, molto spesso neanche formati per il lavoro che dovranno svolgere.
Allo stesso tempo, e questo dai dati si evince benissimo, troppe patologie non vengono ancora riconosciute. Tutto ciò è inaccettabile perché significa che sul versante della prevenzione si fa ancora troppo poco.
Serve quindi prevenzione, formazione, informazione nei luoghi di lavoro. Bisogna investire di più sulla sicurezza e le aziende devono convincersi che questo non può essere considerato un costo ma un grande investimento per la qualità del lavoro, per la stabilità del lavoro, per la dignità del lavoro e anche per alzare gli indici di reputazione delle stese aziende. Un’azienda che investe sulla sicurezza, investe sull’efficienza, sulla produttività e sulla competitività.
E allora come CISL nel Lazio dobbiamo mantenere altissima la concentrazione e vigilare continuamente con i nostri rappresentanti, che assumono anche il ruolo di presidio all’interno delle aziende. Morire e ammalarsi per lavoro nel 2022 è assurdo. Purtroppo il trend continua, alimentato e non ci stancheremo mai di ripeterlo, da un clima di precarietà ed instabilità del lavoro, che si traduce in un arretramento del sistema dei diritti, delle tutele, delle salvaguardie. In una parola, dei principi di civiltà.Non possiamo consentirlo. Non vogliamo consentirlo e non lo consentiremo mai.