“Grazie care amiche e cari amici per essere qui in questa bellissima piazza di nuovo insieme. In una giornata importante che per noi è una giornata di mobilitazione e di lotta. Siamo in tanti oggi con una sola voce attorno ad una parola significativa che assume per noi anche il valore di un impegno: basta, basta con i morti su lavoro, con lo strazio dei corpi, con la sofferenza di chi perde un proprio caro. Basta con questa strage continua, con questa lunga scia di sangue vergognosa, inaccettabile. Più di tre vittime al giorno. Ogni otto ore una vita spezzata. Anche quest’anno la scia di sangue non si ferma Dall’inizio del 2022 più di 700 morti, più di 400mila denunce, di infortuni nei luoghi di lavoro. Non sono numeri, non sono codici statistici, ma esistenze cancellate o cambiate per sempre, famiglie distrutte, speranze e sogni che non si realizzeranno mai”. Lo ha detto il Segretario Generale della Cisl, Luigi Sbarra a Piazza Santi Apostoli oggi a Roma nel suo intervento alla manifestazione di Cgil, Cisl e Uil sulla sicurezza sul lavoro indetta dalle tre confederazioni a conclusione della settimana di mobilitazione (dal 17 ottobre al 21 ottobre con assemblee a livello territoriale di RLS/RLST, flash mob e presidi) per lanciare un APPELLO alle forze politiche a fermare le stragi sul lavoro.
“Eravamo in questa piazza poco meno di un anno fa ,insieme alle lavoratrici e ai lavoratori edili di tutta Italia, a denunciare la stessa situazione, una condizione indegna per un Paese civile. E credetemi, a ognuno di noi viene a volte da pensare che non sono più sufficienti nemmeno le parole. Che non è possibile trovarne altre, per raccontare il dolore, per esprimere la rabbia, per avanzare le necessarie proposte. Eppure queste parole vanno trovate, vanno gridate, vanno affermate con tutta la forza che abbiamo in corpo. E le proposte, concrete e realizzabili, dobbiamo continuare con ostinazione a portarle avanti, qualunque sia il muro da abbattere perché siano accolte e perché giungano a soluzione.
Sì, perché c’è un muro, insidioso, fatto innanzitutto di assuefazione e di silenzio, di distrazione, come se morire o restare feriti sul lavoro potesse diventare qualcosa di accettabile e di “normale”. C’è un muro fatto di mancanza di responsabilità. Mai nessuno che se le assuma. Mai nessuno che le riconosca. Più facile per molti, tante volte, davanti ad una vittima nei luoghi di lavoro, davanti ad un brutto incidente, parlare di fatalità di “tragica fatalità. Basta anche con questa ipocrisia!
Se una ragazza o un ragazzo viene messo ad un macchinario pochi giorni dopo essere entrato in azienda e senza un minimo affiancamento, lì ci sono colpe, responsabilità e negligenze! Se a quel macchinario vengono disattivati i meccanismi di sicurezza per produrre di più e più in fretta, c’è un reato grave da perseguire con durezza e severità! Se a sessantasette anni si è costretti a salire su una gru o un’impalcatura, c’è un sistema sbagliato, che non cura, non guarda al benessere delle persone ed è per questo che lo dobbiamo cambiare. Se un rider di ventisei anni, Sebastian, muore mentre deve correre in scooter a ritmi feroci e la famiglia riceve una e-mail che comunica il licenziamento, per non aver rispettato i termini della consegna, siamo oltre lo sfruttamento! Siamo dentro un intollerabile abisso di vergogna che chiede giustizia
Cos’altro deve succedere i questo paese per capire che non si può continuare a sacrificare la vita sull’altare del profitto? Che a contare non possono essere più le cose delle persone? Ecco perché è il momento di fermarsi, di assumere un altro ordine di priorità. Parlare di lavoro, lavoro sicuro e dignitoso, di qualità e stabilità del lavoro, giusta retribuzione, si deve vivere, non morire.
Ecco perché questa grande emergenza nazionale, che offende i valori della nostra Costituzione, che colpisce la credibilità delle istituzioni, va affrontata subito . Senza risolverla, le basi della ripartenza resteranno fragili.
Lo diciamo al governo che nasce in queste ore, augurando buon lavoro a Giorgia Meloni e alla sua squadra. Ma lo diciamo forte e chiaro a lei e alla neoministra Calderone. Lo diciamo alle imprese, a tutte le istituzioni coinvolte: il tempo è scaduto! È ora di trasformare l’indignazione in fatti concreti che per noi significano una strategia nazionale che fermi questa strage, che segni un vero cambio di rotta e ci conduca davvero a una svolta. Punti chiari e fermi. Così come abbiamo scritto ormai da anni nella nostra PIATTAFORMA UNITARIA fatta di proposte, di contenuti, di scelte, di indicazioni che bisogna affrontare e risolvere.
Abbiamo apprezzato alcune assunzioni fatte ma non bastano, va rafforzato l’esercito degli ispettori e migliorato il coordinamento dei livelli preposti a controlli e ispezioni. Bisogna dare una severa stretta penale contro il lavoro nero, grigio, non contrattualizzato. È vergognoso che chi espone le persone a rischi di ogni genere sia punito solo con una sanzione amministrativa di poche migliaia di euro. Chi non applica le norme sulla sicurezza si rende deliberatamente responsabile dei morti, degli incidenti e infortuni e deve andare in galera! Non basta una multa! Va fatta vivere una misura efficace come la patente a punti: premiare le imprese che rispettano le norme sulla sicurezza e sanzionare pesantemente quelle che non lo fanno.
Si è detto tante volte che le idee ci sono ma mancano le risorse. Glielo indichiamo noi al Governo e alla nuova ministra dove si possono trovare le risorse.
Va reinvestito il “tesoretto” risparmiato ogni anno dall’Inail. Non è più possibile, non è più tollerabile che ogni anno l’Inail chiuda il suo bilancio con un avanzo di quasi un miliardo e mezzo e quelle risorse vadano nel bilancio ordinario dello Stato per ridurre il debito pubblico. No, quelle risorse bisogna reinvestirle per alzare le prestazioni, per migliorare i premi e per essere utilizzate in progetti. Si faccia formazione, si faccia prevenzione, si faccia innovazione tecnologica. Questo bisogna fare.
Dobbiamo tenere alta la guardia rispetto agli appalti. Cantieri a pieno regime, ma attenzione alla logica perversa del massimo ribasso e dell’aumento esponenziale degli affidamenti diretti. Ecco perché c’è tanto da ricostruire e da far partire, ma non sulla pelle e sulla carne delle persone. Il Paese si troverà ad investire centinaia e centinaia di miliardi nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Queste risorse bisogna attivarle con gli investimenti e con il sostegno delle persone non passando invece sui corpi delle lavoratrici e dei lavoratori. Non possiamo inseguire la strada della deregulation e dell’incuranza per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
E poi serve, insieme ad un’azione forte repressiva, insieme a misure più efficaci, dal punto di vista sanzionatorio serve un grande investimento sulla formazione di chi inizia a lavorare e ha bisogno di apprendimento. Significa datori di lavoro che devono avere consapevolezza sia delle loro responsabilità, anche legandola al fatto che un’azienda che investe sulla salute e sulla sicurezza è un’azienda che investe sull’innovazione, sulla produttività, sulla competitività.
Dobbiamo allargare gli spazi di partecipazione, rafforzare il ruolo dei nostri delegati alla sicurezza garantendo un presidio effettivo di vigilanza, di controllo. Dobbiamo utilizzare l’innovazione per rendere più sicuri mezzi e macchinari. È doveroso rendere sempre più qualificati e attenti alle condizioni di sicurezza e ai percorsi duali ad esempio rispetto all’alternanza scuola-lavoro.
Lo ha detto bene il Presidente Mattarella: “Sono positive le esperienze che accompagnano i giovani ad entrare nel mondo del lavoro, ma quel mondo deve rispettarli nella loro dignità di persone, di lavoratori, di cittadini”.
Dobbiamo credere nella capacità delle ragazze e dei ragazzi di oggi, che saranno i futuri lavoratori, gli imprenditori e i professionisti di domani, far compiere al Paese finalmente un vero e proprio salto culturale. E per questo diciamo si cominci a parlare di salute e sicurezza nelle scuole cambiando e integrando i programmi scolastici. Occorre far salire dal basso verso l’alto un’autentica cultura della sicurezza che è anche cultura della legalità.
Alla Presidente del Consiglio chiediamo di aprire subito un “cantiere sicurezza”, coinvolgendo in pieno il sindacato. Le prime parole della Presidente Giorgia Meloni sul “metodo della responsabilità” sono positive. Ma dovranno avere un seguito. Vanno concretizzate. Bisogna dimostrare con i fatti che c’è una propensione al dialogo, al confronto, a politiche vere di condivisione e di partecipazione. Ecco perché siamo pronti. Attendiamo il nuovo Governo alla prova dei fatti. E lo facciamo in modo aperto, responsabile, pragmatico. Determinati però a non fare sconti. Nessun tiepidezza, nessuna timidezza. Dimostri subito, il nuovo esecutivo, la capacità di non abbandonare, ma anzi di rafforzare la via della partecipazione, della condivisione, del dialogo, del confronto, del coinvolgimento pieno e fattivo delle Parti sociali rispetto alle tante sfide che il Paese ha davanti.
La prossima Legge di Bilancio sarà una verifica importante. Ma ancora prima ci aspettiamo una azione del governo che consolidi le misure d’emergenza varate in questi mesi. Ci aspettiamo un nuovo decreto che aiuti lavoratori dipendenti, pensionati, famiglie e imprese che rischiano di chiudere. Ci aspettiamo che si lavori in modo partecipato per centrare gli obiettivi che avremo da qui al 31 dicembre sul Pnrr, senza rimettere tutto in discussione, lavorando invece per accelerare e centrare quegli obiettivi, condizione necessaria per portare a casa i 19 miliardi di euro.
Ci aspettiamo dal nuovo Governo che si tenga la barra ferma, rispetto alla guerra in Ucraina, sulla collocazione dell’Italia nel cuore dell’Europa e dell’Alleanza atlantica.
Ancora una volta a indicare la strada giusta è il nostro Presidente quando afferma che la pace è urgente e necessaria E la via per costruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino. È un tempo molto complesso, quello che stiamo vivendo e abbiamo davanti a noi. La guerra e la pandemia hanno scatenato una tempesta che ha provocato danni enormi e altri ne provocherà, senza adeguate risposte.
L’escalation dei prezzi energetici, il caro bollette, l’aumento dei beni alimentari, per un pezzo di tessuto produttivo la mancanza di materie prime, un’inflazione che viaggia al 10% e che erode , indebolisce, il potere di acquisto di salari, stipendi, di pensioni, unito al rischio di una nuova recessione, ci impegna a fare sempre di più. Con responsabilità, la partita della crescita , del rilancio degli investimenti pubblici e privati. Della necessità di rilanciare il lavoro, il lavoro sotto il profilo quantitativo, qualitativo, da ancorare ad un potente investimento sulla formazione, sulla crescita delle competenze, sulle politiche attive.
Oggi la voce del sindacato confederale si leva forte anche per dire questo: non si perda un solo minuto, si predispongano strumenti straordinari per proteggere il lavoro, l’occupazione, per sostenere il reddito dei lavoratori, dei pensionati, delle famiglie.
Serve subito un accordo sulle pensioni per scongiurare lo scalone della Legge Fornero dal primo gennaio 2023. Noi dobbiamo conquistare una riforma pensionistica che dia stabilità e inclusività al sistema previdenziale. Per garantire tutti, a partire dai giovani, dalle donne, con assegni dignitosi. E sia chiaro: non accetteremo ulteriori penalizzazioni che mettano sulle spalle dei più deboli il costo della crisi.
Lo vogliamo ricordare ancora oggi: le pensioni non sono una gentile concessione dei governi e dei parlamenti. Sono salario differito! Sono un diritto per la persona dopo una intensa vita lavorativa.
Si avvii un dialogo per una riforma fiscale redistributiva che riduca le tasse a chi oggi contribuisce per l’85 per cento dell’erario pubblico e paga fino all’ultimo centesimo. Alzare inoltre il livello di contrasto all’evasione e salvaguardando il principio costituzionale della progressività.
Si rinnovino tutti i contratti nazionali pubblici e privati, innovandoli e inserendo nuovi meccanismi di adeguamento dei salari all’inflazione reale. Si colleghino investimenti e incentivi, a forti condizionalità sociali, rispettando la quota del 40% destinato al Sud.
Come vedete amiche e amici, i le priorità sono queste, c’è davvero moltissimo da fare: valorizzazione le relazioni industriali, la democrazia economica, la non autosufficienza, lavorare sul tema del rilancio degli investimenti, sulle infrastrutture, sulla transizione energetica, ecologica e digitale. Tutto è connesso, tutto si tiene e lo possiamo fare attraverso il dialogo e la partecipazione attiva del sindacato. Ed è per questo che continueremo a mobilitarci e a batterci insieme per aprire una nuova stagione partecipata di sviluppo,di equità sociale, di lavoro per la salute e la sicurezza negli ambienti di lavoro.
Grazie e buon lavoro


Fonte: cisl.it