La nuova legge di bilancio va giudicata nel contesto storico – economico mondiale fortemente influenzato dall’evoluzione della pandemia, che ha condizionato le scelte dei decisori politici. È una manovra espansiva da 36,5 miliardi di euro, di cui 23,3 miliardi in deficit nel 2022.

Il Covid con la sua rapida diffusione ha messo in risalto tutte le fragilità del nostro sistema sanitario, falcidiato da anni di tagli dei posti letto, dal blocco del turnover del personale, dall’assenza di una moderna digitalizzazione, dalla mancanza di un adeguato rinnovo delle apparecchiature per la diagnostica, dalla presenza di strutture ospedaliere, in alcuni territori, a dir poco fatiscenti e dall’assenza in alcune aree del paese di una efficiente assistenza territoriale.

Attualmente il nostro sistema sanitario viene finanziato dalle entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall’attività intramoenia dei propri dipendenti) e dalla fiscalità generale delle regioni quali l’IRAP e l’addizionale regionale all’IRPEF e in ultima istanza dal Fondo di Garanzia. Tutte queste voci di entrata hanno registrato, anche a causa della stagnazione dell’economia italiana, un segno negativo negli ultimi anni ma non va mai dimenticato che, secondo l’ultimo rapporto della Commissione Ue, il nostro Paese resta maglia nera in Europa per evasioni e frodi con oltre 80 miliardi di evasione annua.

Solo per l’evasione Iva lo Stato italiano perde ogni anno 30,1 miliardi di euro. Considerando che l’Italia per il finanziamento della missione 6 del PNRR, dedicata alla Sanità, otterrà risorse pari a circa 31,5 miliardi di euro, è facile dedurre che solo con il recupero dell’evasione dell’Iva, si potrebbero finanziare tutti gli investimenti del comparto sanità, senza dover ricorrere alle risorse del PNRR.

Oggi il Fondo Sanitario Nazionale viene incrementato, rispetto al 2021, di 2 miliardi in ciascun anno fino al 2024. Nuove risorse sono destinate anche al fondo per i farmaci innovativi e alla spesa per i vaccini e farmaci per arginare la pandemia Covid. Per quanto riguarda l’Università e la Ricerca viene aumentata la dotazione del Fondo di Finanziamento ordinario per l’Università e del Fondo Italiano per la Scienza e viene creato un nuovo fondo per la ricerca applicata.

L’incremento del fondo sanitario è un fatto sicuramente positivo, e auspichiamo sia finita per sempre la stagione dei tagli in sanità. È una buona notizia dopo tanti anni di tagli e rappresenta un obiettivo fondamentale per la sopravvivenza del servizio sanitario nazionale. Dopo anni si torna ad investire nella sanità pubblica ma adesso occorre ripartire dalla risorsa più preziosa: il personale, altrimenti saranno stati spesi inutilmente le risorse del PNRR per finanziare infrastrutture sanitarie, edilizia ospedaliera, innovazione digitale. Per fare funzionare ospedali, ambulatori, pronto soccorso distretti, strutture territoriali e macchinari c’è bisogno di professionisti, di medici, di infermieri, di altri operatori e di nuove competenze. Occorre mettere in campo una vera risposta alla carenza di medici e infermieri che da troppo tempo affligge il nostro sistema sanitario.

La salute è un investimento su formazione, lavoro, ricerca, sul futuro del paese. Ora parte di queste risorse siano vincolate ad un piano straordinario di assunzioni e al potenziamento degli organici in sanità, insieme alla stabilizzazione di tutti i circa 50.000 precari. Gli ospedali e i servizi territoriali del Ssn necessitano di buona occupazione, vale a dire di personale a tempo indeterminato, per garantire il diritto alla salute dei cittadini. Da troppo tempo ci sono medici, infermieri e altri professionisti assunti con contratti precari, pensionati richiamati in servizio, altri presi in affitto, neolaureati proiettati in prima linea senza alcun accompagnamento. E tutto questo mentre continuano a mancare medici e infermieri in prima linea negli ospedali e enei territori.

Regioni e passati Governi hanno fallito nella programmazione del fabbisogno di medici specialisti e di altre figure professionali che sono indispensabili per fare funzionare il servizio sanitario nazionale. E verosimilmente, neanche la stabilizzazione di tutto il personale assunto durante l’emergenza epidemica basterà a sanare le carenze, tanto più che si tratta di lavoro non aggiuntivo ma ordinario. Si tratta di coinvolgere le Università, che non può continuare a tirarsi fuori rispetto all’interesse nazionale, per salvaguardare la più grande infrastruttura del Paese, cui la Costituzione affida la tutela di un diritto fondamentale: la salute.

Nel contempo non possiamo ritenerci soddisfatti assolutamente per le scarse risorse che il Governo ha messo a bilancio per le politiche sociali senza le quali sarà impossibile costruire quella integrazione socio-sanitaria tanto citata nel dibattito pubblico-istituzionale, che risulta ancora oltremodo lontana dal realizzarsi. La definizione dei cosiddetti livelli essenziali per le prestazioni sociali (LEPS) della non autosufficienza, pur se trovano un loro riconoscimento formale dentro la legge di bilancio, non riescono a trovare un adeguato finanziamento, come dimostrato dall’aumento del fondo per i servizi domiciliari comunali, inizialmente previsto di 100 milioni, che è stato incrementato di soli 15 milioni, nonostante avessimo richiesto un aumento di 200. L’esito complessivo della Legge di Bilancio è di 115 milioni per la domiciliarità comunale rispetto ai 300 richiesti.

Un simile risultato probabilmente impedirà di sviluppare nel 2022 un Piano nazionale per la domiciliarità integrata nei territori come avremmo voluto. In questo senso, tuttavia, il 2022 riteniamo potrà essere un anno di lavoro molto impegnativo e intenso per noi, convinti che riusciremo a dare il nostro importante contributo per gli anziani non autosufficienti e per le loro famiglie.

 

Fonte: pensionati.cisl.it